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I materiali inerti e relativi processi di riutilizzo

Questo articolo ha come obiettivo quello di guidare il lettore nel mondo dei materiali di origine rocciosa  (lapidei) da cui possono derivare gli inerti.  Considerata la complessità della normativa in vigore e la ricca giurisprudenza in materia, il presente elaborato punta a fare chiarezza sul tema.

Gli inerti sono materiali utilizzati prevalentemente nell’edilizia ed il termine si riferisce alla natura non reattiva del materiale ed in passato era utilizzato come sinonimo di aggregato (attualmente tale espressione dovrebbe essere abbandonata perché non più utilizzata nella normativa UNI).

È d’obbligo, in questo caso, fare riferimento alla terminologia delle norme UNI, in quanto, il 01 luglio 2013 è entrato in vigore il Regolamento Europeo dei prodotti da costruzione CPR 305/2011; Ai sensi del predetto regolamento, vige l’obbligo della marcatura CE e della predisposizione di dichiarazione di prestazione (DoP) per ogni prodotto da costruzione, ed essendo considerato tale “qualsiasi prodotto o kit fabbricato e immesso sul mercato per essere incorporato in modo permanente in opere di costruzione o in parti di esse e la cui prestazione incide sulla prestazione delle opere di costruzione rispetto ai requisiti di base delle opere stesse”, inevitabilmente rientrano nel campo di applicazione della normativa anche le sostanze inerti.

L’argomento è vasto poiché, non solo  possono rientrare nella categoria degli inerti una larga parte di materiali minerali granulari particellari grezzi usati nelle costruzioni, ma anche perché gli stessi possono essere di derivazione naturale, artificiale o recuperati da rifiuti come end of waste.

Considerati i molteplici siti di origine dei materiali e la loro vasta applicazione, l’argomento si presenta spesso confusionario e lacunoso, pertanto, al fine di fare chiarezza, è stata redatta questa breve sintesi corredata di una mappa concettuale ( per approfondimenti cliccare qua https://www.progettoqualita.it/il-mondo-degli-inerti-una-mappa-per-orientarsi-fra-le-normative/  )

I materiali di origine rocciosa che possono generare inerti, come già anticipato, hanno origini diverse tra loro, tuttavia possiamo individuare principalmente cinque luoghi di provenienza:

  1. CAVE E SITI DI ESTRAZIONE
  2. SCAVI
  3. CANTIERI EDILI
  4. CANTIERI STRADALI
  5. DRAGAGGI

Da ogni sito sono generati inerti di diversa natura a cui possono essere applicate discipline differenti, grazie anche al continuo sviluppo della normativa vigente.

A . Dalle CAVE possono generarsi:

  • Tout venant di cava Si tratta di un’ampia categoria di materiali minerali di diversa natura, disponibili in varia granulometria, più o meno grezzi o raffinati, che possono essere impiegati per molteplici scopi, tra i quali principalmente quelli di fungere da componenti essenziali di materiali composti, in particolar modo dei conglomerati cementizi, di quelli bituminosi e di malte ed intonaci. Sono materiali utili e commercializzabili costituiti da pezzame e pietrisco, scaglie bianche, scaglie scure e materiali litoidi. Le scaglie bianche derivate dai materiali da taglio hanno un elevato valore in quanto utilizzate con volumi crescenti nell’industria e nella chimica. Mentre le scaglie scure ed i restanti materiali sono anch’essi commercializzati ma con modesto valore e con crescente difficoltà. Dal Tout venant possono essere ricavate sia scaglie che terre, classificabili entrambe come sottoprodotto ai sensi dell’art 184-bis D.lgs. 152/2006. La classificazione come sottoprodotto è possibile in quanto, nonostante i materiali siano ricavati attraverso delle operazioni di vagliatura, quest’ultime sono considerati come normali pratiche industriali, rispettando quanto richiesto dalla Lett. C) art 184- bis T.U.A.
  • Blocchi che possono essere per scogliere commercializzabili grazie alla marcatura CE UNI EN 13383  o per aggregati a cui possono essere applicate le norme: UNI EN 13242, UNI EN 12620, UNI EN  13043 e UNI EN 13285.
  • Residui fini derivanti da un processo di taglio a secco classificabile come sottoprodotto secondo le disposizioni definite dall’art 184- bis del D.lgs 152/2006.
  • Residui fini derivanti da un processo di taglio a umido classificabile sia come rifiuto ( CER 01. 04. 13), se destinati ad operazioni di recupero presso impianti autorizzati, che come sottoprodotto se applicabili le disposizioni imposte  dell’articolo 184- bis del D.lgs. 152/2006.
  • Manufatti pronti per essere marchiati CE e commercializzabili sul mercato che in sintesi possono essere: blocchi grezzi (UNI EN 1467), lastre grezze (UNI EN 1468),  pavimentazioni (UNI EN 1341, UNI EN 1342, UNI EN 1343 e UNI EN 12058)  rivestimenti (UNI EN 1469) marmette modulari (UNI EN 12057)

B . Dagli SCAVI possono generarsi terre e rocce da scavo che oltre ad essere classificabili come rifiuto CER 17.05.04 e destinate al recupero ai sensi dell’art 208 e 216 D.lgs. 152/2006, possono essere assoggettate anche alla disciplina descritta dal DPR 120/2017.  Il recente DPR n. 120/2017, adottato sulla base dell’art 8 del DL 133/2014, detta la nuova disciplina semplificata in materia di gestione delle terre e rocce da scavo e  riunisce sotto un unico testo le regole sull’utilizzo dei materiali da scavo come sottoprodotto, qualificati tali ai sensi dell’art 184-bis del D. Lgs 152/2006 ed applicabili a tutti i tipi di cantieri (piccole dimensioni e di  grandi dimensioni sia assoggettabili che  non assoggettabili a VIA e AIA).

In entrambi i casi, sia se classificate rifiuto e destinate a recupero, sia considerate sottoprodotto, le terre e rocce potranno poi essere riallocate sul mercato per un utilizzo nelle opere di costruzione previa marcatura CE ai sensi delle norme UNI EN 11531 e UNI EN 14688.

C. Dai CANTIERI EDILI può generarsi del materiale da demolizione che può essere classificato necessariamente come rifiuto da destinare a recupero ai sensi dell’ Art 208 e 216 d.lgs 152 06 e del DM 05/02/1998. I rifiuti derivanti da attività di demolizione sono rifiuti speciali, ex art. 184, co. 3, lett. b), T.U.A.

La giurisprudenza ha avuto modo di approfondire il tema dei rifiuti da demolizione affrontato nel tempo la definizione di sottoprodotto, verificando la sussistenza dei requisiti di legge di sostanze od oggetti -sottoprodotti- afferenti diversi ambiti produttivi. La Corte di Cassazione sezione Pen. nella Sent. n. 42342 del 15 ottobre 2013 ha dichiarato che: “sostenere che la demolizione di un edificio possa considerarsi un processo di produzione, da cui possono quindi derivare sottoprodotti, rappresenta una “evidente forzatura”. La forzatura consiste nel dichiarare che il prodotto finale della demolizione sia la nuova costruzione. La demolizione non può infatti essere considerata il prodromo di una nuova costruzione, “giacché questa può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni“. Nessuna applicazione dell’articolo 184-bis (“Sottoprodotto”) è quindi possibile per i rifiuti da demolizione, visto che il primo requisito previsto dalla disciplina richiede che la sostanza o l’oggetto sia “originato da un processo di produzione”.

Posizione ribadita anche in un’altra sentenza della Corte di Cassazione sez. penale 28 luglio 2015, n. 33028].: “La demolizione di un edificio non può essere considerata “un processo di produzione” e quindi gli inerti che ne derivano sono rifiuti che non possono essere qualificati come sottoprodotti”. 

D. I CANTIERI STRADALI possono generare del conglomerato bituminoso o delle terre e rocce. Il conglomerato bituminoso può derivare o da un fresato a freddo, prodotto già macinato, o dalla demolizione della pavimentazione, che necessiterà di una ulteriore lavorazione presso un impianto di recupero autorizzato.  Entrambe le metodologie generano un conglomerato bituminoso classificato come rifiuto CER 17.03.02 e destinato ad attività di recupero ex art 208 e 216 d lgs 152 06  per poi diventare  un end of waste, secondo il DM 69/2018,  denominato “granulato da conglomerato bituminoso” (norme UNI EN 13043 e UNI EN 13108-8).

Le terre e rocce potranno essere  invece gestite come già descritto al punto B.

E. Dai DRAGAGGI possono essere recuperate delle sabbie per i ripascimenti (ISPRA 172/2018) o per aggregati, in quest’ultimo caso marcati CE secondo le norme UNI di riferimento. ( UNI EN 13242, UNI EN 12620, UNI EN 13043 e UNI EN 13285).

Come abbiamo accennato nella prima parte del documento, il CPR 305/2011  stabilisce nuove norme armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione all’interno dell’UE ed abroga la direttiva 89/106/CEE; Ai sensi di questo regolamento, vige l’obbligo della marcatura CE e della predisposizione di dichiarazione di prestazione (DoP) per ogni prodotto da costruzione.

A questo proposito, le marcature principali inerenti ai materiali inerti sono:  

  • UNI EN 11531-1:2014: costruzione e manutenzione delle opere civili delle infrastruttureterre e miscele di aggregati non legati
  • UNI EN 14688-1:2018 indagini e prove geotecniche – identificazione e classificazione dei terreni
  • UNI EN 14688-2:2018 principi della classificazione
  • UNI EN 13242:2008 aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici
  • UNI EN 13285:2018 miscele non legate – specifiche
  • UNI EN 13383-1:2013 aggregati per opere di protezione – armourstone
  • UNI EN 12620:2008 aggregati per calcestruzzo
  • UNI EN 13043:2004 aggregati per miscele bituminose
  • UNI EN 13108-8:2016 miscele bituminose – specifiche conglomerato bituminoso di recupero
  • UNI EN 1341:2013 lastre in pietra naturale per pavimentazioni
  • UNI EN 1342:2013 cubetti per pavimentazioni esterne
  • UNI EN 1343:2013 cordoli per pavimentazioni esterne
  • UNI EN 1469:2015 lastre di pietra naturale per rivestimenti
  • UNI EN 12058:2005 lastre in pietra naturale per pavimentazioni e scale
  • UNI EN 12057:2015 marmette modulari
  • UNI EN 1467:2012 blocchi grezzi
  • UNI EN 1468:2012 lastre grezze
  • UNI EN 12326-1:2014 parte I° – ardesia e prodotti di pietra per coperture discontinue e rivestimenti
  • UNI EN 12326-1:2014 parte II° – ardesia e prodotti di pietra per coperture discontinue e rivestimenti
  • UNI EN 15285:2008 – lapidei agglomerati – marmette modulari per pavimentazioni (interne ed esterne)
  • UNI EN 15286:2013 – lapidei agglomerati – lastre e marmette per finiture di pareti (interne ed esterne)
  • UNI EN 13055:2016 – aggregati leggeri
  • UNI EN 13139:2003 – aggregati per malta
  • UNI EN 13450:2003 – aggregati per massicciate ferroviarie
  • UNI EN 771-6:2015 – elementi di muratura di pietre naturali

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