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La disciplina giuridica dei materiali di dragaggio è stata oggetto di diversi  interventi legislativi, tra cui, uno dei più rilevanti, è stato sicuramente quello operato dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Decreto Competitività), convertito con modificazioni dalla L 11 agosto 2014, n. 116.

Nonostante i numerosi tentativi, ancora oggi il campo di applicazione della materia presenta alcune lacune da colmare.

Il decreto-legge 91 ha comunque il merito di aver inserito l’art. 184-quater nel d lgs n. 152/2006, dedicato all’utilizzo dei materiali di dragaggio ed i materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati;

Secondo tale disposizione, tali materiali cessano di essere rifiuti (c.d. End of Waste) qualora, all’esito di operazioni di recupero (che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione) gli stessi, soddisfano una serie di requisiti enunciati e siano utilizzati in conformità a determinate condizioni, diverse a seconda che i materiali di dragaggio siano utilizzati in un sito o direttamente all’interno di un ciclo produttivo.

Materiali di dragaggio come sottoprodotto, un’interpretazione possibile?

Nonostante la possibilità di classificare il materiale come End of Waste, sorge spontaneo chiedersi se sia possibile, considerati i recenti sviluppi della normativa e l’indirizzo interpretativo intrapreso dal legislatore, qualificare un prodotto  che ha valore già al momento dell’estrazione come sottoprodotto ed evitare quindi già dall’origine la classificazione come rifiuto.

Per cercare di rispondere a questa domanda è utile partire dal DM 161/2012, “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”, che in passato, includeva nella definizione di materiale da scavo contenuta all’articolo 1, comma 1, lettera b), anche i “Materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d’acqua spiagge, fondali lacustri e marini”.

Il DPR 120/ 2017, che ha abrogato il D.M. 161/ 2012,  ha sicuramente chiarito molti indirizzi applicativi pratici per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo per cantieri di piccole dimensioni, cantieri di grandi dimensioni e cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA, tuttavia, non ricomprendendo più i fanghi di dragaggio nella definizione dei materiali da scavo, ha lasciato gli operatori del settore con  diversi interrogativi.

Ad intervenire è stato il Ministero dell’Ambiente che in data 20/02/2018, nel rispondere alle richieste di ISPRA prot. N. 56723 del 15 novembre 2017,  ha emesso un chiarimento in cui enuncia che il legislatore, escludendo tali materiali dal DPR 120/2017, ha preferito consentire la piena operatività delle diverse discipline speciali in materia.

In base a tale interpretazione, saranno quindi applicabili in via esclusiva i regolamenti sulle operazioni di dragaggio di cui ai decreti ministeriali n. 172 del 15 luglio 2016 riguardante le operazioni di dragaggio nei siti di interesse nazionale  e 173 per le modalità e criteri tecnici per l’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo su fondali marini o la previsione di cui all’articolo 53 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, secondo la quale, i materiali litoidi prodotti come obiettivo primario e come sottoprodotto dell’attività di estrazione effettuata in base a concessioni a pagamento di canoni, sono assoggettati alla normativa sulle attività estrattive.

Il Ministero dell’Ambiente continua poi che, ove le norme speciali non trovino operatività in fonti speciali,  resta impregiudicata l’applicazione della normativa generale di cui al dpr n. 120/2017.

Pertanto, considerato quanto sopra, è condividibile un’interpretazione che permette, se sussistono i requisiti di cui al 184 bis del D. lgs 152/2006, di inquadrare i materiali derivanti da dragaggi come sottoprodotto.

A sostegno di questa tesi anche una nota della Regione Liguria indirizzata all’ARPAL del 03/01/2018, che indica l’art. 39 c.13 del D. Lgs 205/2010 il quale  stabilisce che il materiale rimosso, per esclusive ragioni di sicurezza idraulica, dagli alvei di fiumi, laghi e torrenti possa essere considerato sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis del D. Lgs 152/2006 nel rispetto delle condizioni ivi riportate.

Il requisito delle ragioni di sicurezza idraulica

L’art 39  che sembrerebbe aggiungere un requisito ulteriore a quelli già previsti dal 184- bis, cioè che lo scavo avvenga per “esclusive ragioni di sicurezza idraulica”.

Il Ministero dell’Ambiente, nel medesimo chiarimento di febbraio 2018 in risposta ad ISPRA, ritiene che le ragioni di sicurezza idraulica poste all’origine del materiale, non costituiscano la condizione necessaria per poter applicare la disciplina sui sottoprodotti al materiale rimosso dagli alvei di fiumi, laghi e torrenti, quanto piuttosto la possibile estensione, ope legis, del campo di applicazione di tale disciplina a suddetti materiali.

SI deve tener conto infatti che l’origine di tali materiali potrebbe risultare in contrasto con la previsione di cui all’articolo 184-bis, comma 1, lettera a), la quale prevede, tassativamente, che l’origine del materiale derivi da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo non è la produzione di tale sostanza. In tali casi, come sottolinea il Ministero stesso, dimostrare che la produzione del materiale litoide non costituisca lo scopo dell’intervento potrebbe non essere agevole.

Conclusioni

Ferma restando la possibilità di inquadrare il materiale come sottoprodotto, rimane incerto (ma da chiarire al fine di evitare sanzioni da parte degli enti di controllo)  se sia più corretto applicare le disposizioni operative di cui al DPR 120/2017 o quelle descritte dal DM 264/2016 secondo il quale sono necessarie la compilazione della scheda tecnica e della dichiarazione di conformità.

Considerato quando esposto nei paragrafi precedenti, riteniamo che applicare la più ampia disciplina dell’art 184- bis  d lgs 152 2006 non renda l’utente passibile di sanzione.

Il materiale derivante dai dragaggi, classificato come sottoprodotto o come End of Waste, per poter  esser destinato alla commercializzazione, prima di essere immesso sul mercato, in base al Reg 305/2011, dovrà essere marcato CE secondo gli standard di norme UNI, quali ad esempio: UNI EN 13242 , UNI EN 12620 , UNI EN 13043  e UNI EN 13285.

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